sabato 9 febbraio 2008

Giustizia divina

Il ciclismo è riconosciuto universalmente come uno sport duro. Dure sono le gare, duri sono gli allenamenti. Va praticato prevalentemente all'aperto, in balia degli agenti atmosferici. Noi comuni mortali che lo pratichiamo per hobby abbiamo visto, vediamo e vedremo i vari Indurain, Bartali, Coppi, Armstrong come inarrivabili. Eppure c'è un dettaglio, un particolare che accomuna tutti i ciclisti di questo pianeta! Probabilmente molti di voi non l'avranno notato, ma chiunque sia salito su di una bici per allenarsi almeno un po', avrà potuto verificare in prima persona che noi ciclisti siamo tutti uguali. Non sto parlando della fatica che si percepisce col cuore a 190 battiti al minuto, anche se effettivamente sono 190 sia per me che per Di Luca. Non sto parlando della durezza dell'asfalto quando la ruota anteriore perde aderenza e lo sterzo si chiude. Non sto parlando dei 5 gradi sotto zero che ti spezzano le dita durante l'uscita che per forza devi fare il mercoledì, altrimenti la domenica fai una magra figura. Sto parlando di un segno tangibile del praticare il ciclismo, un dettaglio che almeno una volta nella vita è stato caratterizzante del duro allenamento effettuato! Sto parlando di questo (cliccare) ! Scagli la prima mail chi di voi non se lo è mai fatto!

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